La terapia negli adolescenti e adulti: criteri per orientarsi nella scelta
All’Associazione, oltre tutto l’unica del settore a far parte dei vari organismi internazionali essendo oltre tutto una Associazione di Promozione Sociale, molti pongono una domanda che suona grosso modo così: “Fra i tanti operatori esistenti in Italia, a chi dobbiamo dare credito?”.
Ognuno di noi sa benissimo che non tutto quel che si trova in Internet, ma anche più in generale nella pubblicità, è credibile e veritiero, non solo nel nostro settore. E allora come orientarsi per scegliere bene?
Una premessa: da diversi anni conosciamo un giovane albanese che frequenta un nostro gruppo di auto-aiuto. Ha una forma di balbuzie molto severa per cui frequenta da anni il gruppo di auto-aiuto di Pisa facente capo all’AIBACOM. Ogni volta, parlando di possibili terapie, torna alla carica con richieste del tipo: ma Tizio è bravo? E Caio? Ho letto che Sempronio promette la guarigione completa in pochi giorni... Ormai ha più di trent’anni e da almeno sette-otto ci tormenta, si fa per dire, con richieste sempre uguali.
L’ultima volta che lo abbiamo visto, nel luglio scorso, ha chiesto ancora di aiutarlo a scegliere. I compagni di gruppo, scocciati, gli hanno risposto sbrigativamente di... non rompere. Uno di loro, però, ha voluto provarci ancora una volta: «Scorri i vari siti e vedi dove i vari specialisti – o presunti tali – hanno imparato, dove hanno studiato, con quali studiosi e clinici di fama hanno fatto formazione...».
Il giovane lo ha interrotto con una improvvisa intuizione: «Intendi dire da “dove vengono”?!».
È stato per lui e per noi come raggiungere l’illuminazione! Ha azzeccato, lui albanese, le parole giuste. “Da dove vengono”. Direi che questa più che una indicazione fra tante, è LA indicazione. Di più: è la chiave per “leggere” il panorama italiano in fatto di terapia della balbuzie.
È mai possibile che tutti i geni del settore li abbiamo noi in Italia? Addirittura proliferano, nascono come funghi! Allora non è vero che vi è una fuga di cervelli.
All’estero si studia, si fa ricerca, ci si confronta, si fanno convegni come quelli organizzati dall’IFA (International Fluency Association) nei quali gli italiani si contano, e non sempre, sulle dita di una mano... Quanto tempo perso! Basterebbe che tutti questi studiosi e ricercatori stranieri imparassero la nostra lingua, digitassero la parola “balbuzie” su Google e – voilà – troverebbero tanti nostri maghi, maestri, santoni e guru della balbuzie che garantiscono la guarigione completa, facile e per sempre in pochi giorni.
La cosa che più sconvolge e dovrebbe insospettire chiunque, oltre al marketing aggressivo e senza scrupoli, inammissibile per una materia così delicata come la nostra, è che ognuno di questi taumaturghi ha inventato un metodo nuovo, geniale, risolutivo e infallibile.
Infatti il loro linguaggio forte è finalizzato esclusivamente ad abbagliare: ELIMINARE LA BALBUZIE, SCONFIGGERLA, SMETTERE DI BALBETTARE. Che pretese! Quanta presunzione!
Gli specialisti e i clinici più accorti sanno bene che un simile approccio “muscolare” alla balbuzie non fa che accrescere, in maniera spesso più subdola, il potere della stessa. C’è infatti il rischio, in molti tipi di trattamenti, che si impari a mascherare meglio il problema invece che risolverlo seriamente. Per questo poi numerosi sono coloro che, al primo riaffacciarsi del problema, finiscono per credere di essere stati presi in giro e, spesso, per scoraggiarsi e rinunciare a qualsiasi tentativo di migliorare la propria situazione, non solo verbale.
Andiamo dunque alla domanda delle domande: come orientarsi nella scelta della terapia?
Peter Raming ed Ellen M. Bennet parlano di “continuum terapeutico”. Scrivono tra l’altro: “È imperativo per il clinico prevedere un intervento lungo, un continuum, perché questo soltanto si addice alla natura della balbuzie”. Ecco perché è più corretto affidarsi ad un “percorso terapeutico” basato su una visione ed una prassi scientificamente fondata anziché ad un semplice “corso” in cui si sbandiera un metodo o una tecnica come fosse una panacea.
Quegli stessi autori sottolineano anche l’importanza, per la terapia dei bambini, di coinvolgere nel percorso i genitori, a cui dovranno essere forniti “elementi di conoscenza dell’eziologia della balbuzie e dei fattori neuropsicologici, linguistici, psicosociali e ambientali che possono mantenere il problema. La conoscenza di questi fattori favorisce nei genitori un atteggiamento di supporto nei confronti del proprio bambino per aiutarlo ad affrontare le difficoltà che si incontrano quotidianamente”. Essi saranno incoraggiati a svolgere un ruolo attivo nel trattamento, apprenderanno le strategie da usare e aiuteranno il bambino a migliorare la sua fluenza. Il loro coinvolgimento porterà infine ad una concreta diminuzione del loro livello di ansia.
Tutto questo fa capire quanto sia preferibile un percorso terapeutico in cui si prevede un parent training ben strutturato. Insomma non basta che si pubblicizzi un non meglio precisato coinvolgimento dei genitori: assicuratevi che gli incontri e i colloqui siano condotti veramente da specialisti preparati e accreditati secondo una metodologia ben precisa.
Riportiamo poi alcuni suggerimenti di un grande studioso, Hugo Gregory, che propone per i soggetti di tutte le età una sorta di “prontuario” da tenere presente sin dai primi approcci con i terapeuti del linguaggio (lui i ciarlatani addirittura non li considera nemmeno). Trattasi insomma di saper “filtrare l’offerta terapeutica” per evitare spiacevoli sorprese. Come?
Scrive H. Gregory:
- diffidando di soluzioni “coreografiche“ e veloci che promettono la scomparsa del disturbo; nulla è possibile senza che il soggetto affetto dal disturbo lavori duramente (seguito dalla famiglia, nel caso di un bambino) e con tenacia;
- chiedendo fin dall’inizio chiarezza sui tempi della terapia e quali esperienze scientifiche, terapeutiche e di ricerca ha il centro a cui ci si è rivolti;
- procedendo ad una presa di coscienza del disturbo insieme ad una analisi/accettazione del problema verbale (da approfondire in terapia) prima di pensare di “rimuoverlo.
Altri criteri indicati da Hugo Gregory:
- Il percorso terapeutico e il “mantenimento” non devono protrarsi troppo a lungo così da stimolare delle autonomie e non “nuove dipendenze”.
- Chiedere di potere assistere ad una “seduta di terapia” o confrontarsi durante le prime sedute con lo specialista con cui si sta facendo la terapia.
- L’importante è sempre e comunque non fare scelte che siano dettate da “ignoranza” e “disperazione”!
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Occorre invece essere ben informati (libri, Internet, seminari) su:
- che cos’è la balbuzie;
- quali sono gli Enti e le Organizzazioni scientifiche, culturali e no-profit internazionali e nazionali che si occupano di balbuzie;
- quali sono le Associazioni, gli Istituti, i Professionisti italiani accreditati da tali organismi internazionali e quale esperienza possiedono nel campo.
Elenchiamo anche alcune osservazioni da un sito molto interessante che purtroppo non è più attivo:
- “...nessuno può onestamente affermare di aver trovato la “cura” infallibile e definitiva. Chiunque affermasse ciò probabilmente è soltanto un ciarlatano in cerca di facili guadagni...”
- “...In ogni caso ci sentiamo di affermare che nessun terapeuta serio può garantire la completa “guarigione” e, ancor meno, l’ottenimento della stessa in tempi brevi...”
- “...Occorre quindi stare molto attenti alle promesse “miracolistiche” di alcuni operatori del settore soprattutto quando, per dimostrare la bontà del metodo proposto, viene chiesto il compenso solo alla fine del corso e solo al raggiungimento dei risultati promessi... È infatti noto (F. Murray) che ogni terapia, qualunque metodica applichi, può avere sul soggetto che balbetta un qualche risultato e specialmente i parenti verificano subito un miglioramento che, in alcuni casi, può realmente sembrare “importante”. In effetti tale miglioramento può essere in parte frutto di un “effetto placebo” ed è generalmente il risultato di un periodo in cui il bambino (ma anche il ragazzo e l’adulto), seguito con grande attenzione, si è fortemente concentrato sul suo problema, ottenendo di solito un sostanziale miglioramento nella propria fluenza verbale. Purtroppo, quanto più la terapia è priva di solide fondamenta scientifiche tanto più velocemente e seriamente si potrà ripiombare nel proprio problema...”
- “...Ci vuole quindi molta cautela per muoversi nella “giungla” di terapie e modelli di recupero della balbuzie...”
Tutto quanto più sopra consigliato ci sembra molto sensato. In particolare ci pare importantissimo il suggerimento di prendere parte ad una seduta di terapia: non scegliete al buio, pretendete che vi venga offerta la possibilità di osservare da vicino alcuni momenti della terapia (meglio se per una intera giornata). E non credete a chi trova mille scuse e difficoltà per negarvi questa possibilità, come questa, per esempio: “I partecipanti non gradirebbero una presenza estranea”.
La nostra lunga esperienza ci consente di affermare che tutti – bambini, adolescenti, adulti – sono sempre ben felici, una volta sensibilizzati in maniera corretta e onesta, di accogliere un nuovo compagno in cerca della propria strada.
Alla fine saprete valutare bene cosa vi è stato proposto e sarete in grado di fare la scelta.
Due parole in più per gli adulti: di solito per loro la terapia significa un cambiamento dei vecchi comportamenti relativi al parlato, delle emozioni e degli atteggiamenti per quanto riguarda la conversazione e la comunicazione in generale. Abbiamo assistito, in questo senso, a cambiamenti importanti e impensati: persone che dopo aver seguito una buona terapia hanno cercato – e trovato – nuovi e più congeniali posti di lavoro, altre che si sono dati addirittura al teatro o al cinema (qualcuno anche con successo).
Insomma, se è vero che “quanto prima, tanto meglio” e cioè che un intervento precoce assicura migliori probabilità di buona riuscita, l’esperienza ci insegna che veramente non è mai troppo tardi.
Una persona può anche aver fatto belle cose nella vita, essersi realizzata negli studi e in campo professionale, avere una bella famiglia, ma se qualche volta sente una punta di rimpianto per non avere almeno provato il piacere di una frase ben riuscita... beh, QUELLO È IL MOMENTO GIUSTO PER PRENDERSI FINALMENTE CURA DI SE STESSO.
«Un uomo diventa vecchio quando i suoi rimpianti prendono il posto dei suoi sogni» (John Barrymore).