Suckerfish

L’Associazione è “viva” dal 1987

Alcuni partecipanti italiani al Congresso Mondiale di Colonia del 1989
Alcuni partecipanti italiani al
Congresso Mondiale di Colonia del 1989

Alcuni si sorprenderanno dell’esistenza di un’Associazione come la nostra, riflesso della meraviglia che prende ancora molti quando s’imbattono in qualcuno di noi, dalla parola inceppata e talvolta dal comportamento impacciato.

Ed effettivamente è paradossale che la persona che balbetta - notoriamente portata a nascondere e mascherare in mille modi il suo problema, quando non addirittura a nascondersi lei stessa – decida di “esserci”, dandosi una connotazione ben precisa ed una propria personalità giuridica che lo renda socialmente riconoscibile.

L’esserci del balbuziente italiano, attraverso l’AIBACOM APS, rappresenta dunque di per sé:

  1. un evento che spezza - per quanto attiene la balbuzie - secoli di ignoranza in quanto propone un riesame dell’immagine tradizionale del balbuziente, da sempre visto non solo come soggetto limitato negli scambi sociali, ma addirittura come persona limitata anche a livello intellettivo e mentale;
  2. il superamento della presunzione-sfiducia del balbuziente, che pensava dall’alto e dal chiuso del suo mondo di non poter essere capito dagli altri o di non aver bisogno di nessuno. La sua sicurezza, l’unica, consisteva nel ritenere se stesso e l’altro – quindi la società – non due interlocutori ma due mondi distanti, incapaci di comunicazione, incontro, ascolto reciproco e compagnia nel viaggio dell’esistenza.

L’AIBACOM si pone come risposta a una domanda di presenza sociale di vecchia data che i soci fondatori hanno voluto raccogliere e materializzare con la costituzione ufficiale di un’Associazione aperta a tutti senza discriminazione alcuna: a coloro che si trovano ancora in difficoltà nell’esprimersi verbalmente, a coloro che queste difficoltà le hanno superate in tutto o in parte, ai loro familiari e infine a quanti sono a vario titolo interessati all’argomento balbuzie.

Il titolo del nostro periodico, “Libera la Parola”, vuole essere poi un messaggio-invito, in quanto intendiamo esortare a liberarla non solo dalla balbuzie, per quanto possibile in misura diversa ad ognuno di noi, ma soprattutto a liberarla comunque, convinti come siamo che tutti – e quindi anche le persone che balbettano – abbiano qualcosa da dire e sarebbe ora che ci convincessimo del fatto che, mentre magari stiamo seguendo un percorso per parlare meglio, è comunque importante che parliamo, che comunichiamo, che esprimiamo i nostri pensieri e le nostre idee.

Il messaggio-invito potrebbe dunque essere questo: “Non tenerti dentro quello che hai nella testa e nel cuore: è un peccato non far sapere cosa pensi e cosa provi, è un delitto non tirar fuori le tue capacità, non realizzare le tue possibilità, non esprimere le tue potenzialità...”.

L’Associazione si propone, in qualità di soggetto sociale attivo, di raccontare la balbuzie, animando un dibattito permanente, che sia insieme critico e sereno, su tutti gli aspetti: personali, familiari, socio-culturali, relativi e connessi al mondo della scuola e del lavoro. Si impegnerà inoltre nel favorire la ricerca, nel suggerire i primi interventi di prevenzione, di consigliare il tipo di rieducazione, onde giustificare e qualificare sempre più la propria presenza e l’efficacia della propria azione sociale e culturale a tutti i livelli.

Incontro tra soci dei primi anni '90
Incontro tra soci dei primi anni '90

L’AIBACOM, per sua natura e per espressa volontà dei soci fondatori, non può né vuole direttamente curare la balbuzie (terapia/rieducazione), ma intende coltivare (associazionismo/comunicazione) e mantenere sempre vivo al suo interno e nella società l’interesse su un problema che produce non di rado quella disperazione e quel dolore fisico – ben conosciuti da chi balbetta e dai suoi familiari – che coglie chi parla come stesse masticando del filo spinato.

Il nostro è un disturbo che spesso ci umilia profondamente, ci relega in un ruolo patetico o grottesco, ci inibisce nei rapporti sociali condizionando sovente ogni relazione con il mondo esterno, ci costringe talvolta all’emarginazione. Purtroppo la balbuzie è uno di quei mali che feriscono sottilmente ma in modo penetrante, anche perché la scienza ufficiale non ne conosce la genesi (in altre parole non ne sa niente); sui volti della gente poi c’è sempre un misto di pietà, di imbarazzo o di divertita ironia nell’ascoltare il balbuziente, il quale non ha così cittadinanza tra i normali e neppure la dignità dei disabili: figli di un dio minore, per di più senza riconoscimenti, tanto è vero che per le persone oltre i 18 anni il Servizio Sanitario Nazionale non attua alcuna assistenza terapeutica specifica né rimborsi per corsi di rieducazione privati, salvo rarissime eccezioni. Chi balbettava era idoneo per il servizio di leva, ma rifiutato per la carriera militare; è tutt’ora escluso in partenza in numerosi concorsi pubblici, nel cui bando si cita esplicitamente la balbuzie come elemento discriminante.

L’Associazione è chiamata dunque a essere punto di riferimento – se non unico certamente privilegiato – per promuovere e sviluppare un certo modo di pensare e di fare. E il coltivare di cui parlavamo prima è poi fare cultura, dibattere sulla balbuzie come un modo altro di curarsene e di curarsi e comunque non sostitutivo della terapia in senso stretto né a questa concorrenziale.

Festa della Comunicazione 1999
Festa della Comunicazione 1999

Lo faremo principalmente nelle scuole: ricordiamoci che prevenire è più facile che correggere. Non è giusto né logico che esistano corsi di aggiornamento specifici per docenti destinati ad operare con bambini portatori di altri disturbi – presenti in percentuali di gran lunga inferiori – e manchi qualsiasi indirizzo di comportamento scolastico relativo ai bambini che balbettano. In tal modo la scuola finisce per aggravare e fissare il disturbo perché rende il bambino cosciente del suo modo diverso di parlare senza poter far niente per aiutarlo. L’insegnante, specialmente a livello di prima infanzia, è quello che dovrebbe per primo segnalare l’insorgenza del disturbo, ma spesso lo sottovaluta come fa il pediatra, confidando che col tempo possa risolversi da solo, anche perché chi balbetta è quasi sempre un bambino che non parla, non disturba e quindi non crea grossi problemi. È un fatto che nelle scuole si dà molto più peso ai bambini sovraeccitati che non a quelli apatici o depressi, i quali permettono comunque lo svolgimento regolare delle lezioni.

Dolce Benjamin, siccome sei giovane,
e non hai ancora l’uso della lingua,
rendila tua schiava, finché sei libero;
imprigionala, prima che sia lei a farlo.
John Hoskins
 

È quindi importante operare a più livelli non solo sul bambino, salvando l’uomo di domani, ma soprattutto sui genitori per evitare meccanismi di compensazione: questi infatti, che vedono il figlio quale loro proiezione, soffrono uno shock e, feriti nel loro orgoglio, lo costringono spesso a rimpiazzare la deficienza verbale con estenuanti primati nello sport, nello studio e nel coltivare le più disparate discipline. Il genitore, che a volte vive un sentimento di colpa, va sostenuto, il bambino va aiutato a vari livelli.

Ed è quello che l’Associazione si propone di fare.

Ma non ci preoccupiamo solo dei bambini: per le persone più grandi (adolescenti, adulti) che balbettano, l’AIBACOM organizza là dove è possibile gruppi di auto-aiuto: ci piacerebbe realizzare questo progetto in molte città e per questo invitiamo chi fosse interessato a contattarci, a segnalarci la propria disponibilità.

Lo stand dell’Associazione alla manifestazione del Volontariato “Villaggio solidale” svoltasi a Lucca nel Febbraio 2011
Lo stand dell’Associazione alla
manifestazione del Volontariato
“Villaggio solidale” svoltasi
a Lucca nel Febbraio 2011

Nell’ambito dei fini statutari, l’Associazione promuoverà iniziative a carattere culturale e scientifico, come conferenze, seminari, congressi, ricerche da commissionare a qualificati studiosi ed operatori del settore, pubblicazioni e quant’altro serva al confronto tra esperti e al progresso delle conoscenze nel campo dei disturbi della comunicazione. Curerà inoltre l’organizzazione della vita associativa con iniziative quali incontri, raduni nazionali e internazionali, gruppi di auto-aiuto, stages, laboratori, momenti conviviali, interscambi e simili, iniziative rivolte anche a familiari ed amici. L’Associazione darà informazioni quanto più corrette e complete possibili attraverso il coinvolgimento dei mass-media ed altre iniziative tese a far conoscere il problema nei suoi tanti risvolti umani e sociali. Si manterrà poi informata su fatti di cronaca, articoli di legge o altro da cui emerga intento o comportamento discriminatorio nei confronti di persone con problemi di linguaggio, comunicazione e relazione. Cercherà infine di reperire fondi per le varie iniziative in programma, inclusa quella di finanziamento totale o parziale della rieducazione per chi non ha le risorse economiche necessarie.

Cercheremo di fare sempre di più e di meglio. Ma se vogliamo che le istituzioni e la società sentano che l’Associazione per tanti versi appartiene anche a loro e vi si interessino, bisogna anzitutto che ognuno di noi maturi un suo concreto e inequivocabile senso di appartenenza. Descartes scrive nel suo Discorso sul metodo: “Tutti insieme molto più lontano di quanto non saprebbe fare ciascuno di noi per proprio conto”. Pensiamo che questo valga sul piano sia personale che associativo.

A questo proposito ci piace riportare il testo di una canzone di Giorgio Gaber, “Canzone dell’Appartenenza”:

L’appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
L’appartenenza
non è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un’apparente aggregazione
l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
Uomini
uomini del mio passato
che avete la misura del dovere
e il senso collettivo dell'amore
io non pretendo di sembrarvi amico
mi piace immaginare
la forza di un culto così antico
e questa strada non sarebbe disperata
se in ogni uomo ci fosse un po' della mia vita
ma piano piano il mio destino
è andare sempre più verso me stesso
e non trovar nessuno.
L’appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l’appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.
L’appartenenza
è assai di più della salvezza personale
è la speranza di ogni uomo che sta male
e non gli basta esser civile.
È quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
che in sé travolge ogni egoismo personale
con quell'aria più vitale che è davvero contagiosa.
Uomini
uomini del mio presente
non mi consola l'abitudine
a questa mia forzata solitudine
io non pretendo il mondo intero
vorrei soltanto un luogo un posto più sincero
dove magari un giorno molto presto
io finalmente possa dire questo è il mio posto
dove rinasca non so come e quando
il senso di uno sforzo collettivo per ritrovare il mondo.
L’appartenenza
non è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un’apparente aggregazione
l’appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.
L’appartenenza
è un’esigenza che si avverte a poco a poco
si fa più forte alla presenza di un nemico, di un obiettivo o di uno scopo
è quella forza che prepara al grande salto decisivo
che ferma i fiumi, sposta i monti con lo slancio di quei magici momenti
in cui ti senti ancora vivo.
Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi.
 

 

È suonata l’ora per il balbuziente di non più delegare ad altri parole e decisioni, giudizi e leggi. Suggeriamo e proponiamo. Parliamo.

E concludiamo: può richiedere di esser socio chiunque ne faccia domanda. Su questa decide poi il Consiglio Direttivo. Il numero dei soci è illimitato e si diversifica in sostenitori, ordinari e simpatizzanti. È socio ordinario chi versa una quota associativa annua annuale di € 50,00, comprensiva dell’abbonamento al nostro periodico “Libera la parola”. È socio sostenitore chi versa una quota superiore, secondo la propria disponibilità e generosità. È infine socio simpatizzante (per lo più genitori, parenti e amici dei soci) chi aderisce con una quota di 10 euro.

Per saperne di più, visita la Sezione del tesseramento.

Riflessione: si parla molto, giustamente, dei problemi e dei programmi del “Telefono Azzurro”. Sosteniamo dunque questo servizio così importante, convinti come siamo della sua grande utilità. Ma non possiamo fare a meno di pensare – noi – che la maggior parte dei bambini che balbettano non troveranno mai il coraggio di fare una telefonata perché, semplicemente, non riescono a parlare. E non solo i bambini rinunciano spesso ad usare questo strumento per molti di noi così terribile! Chi non ha provato l’angoscia di non riuscire a compiere un gesto per gli altri così naturale, non ci può capire fino in fondo...