Suckerfish

Il bambino in età prescolare

La balbuzie passerà? Oppure...

Risalgono addirittura all’inizio degli anni ‘70, per lo più nel mondo anglosassone, le prime proposte di intervento su bambini in età prescolare, secondo cui i genitori devono diventare i protagonisti di un processo di cambiamento di una situazione non ancora consolidata (Egolf, Shames, Johnson, Kaprisin-Burelli).

Negli anni ‘80 numerosi studi ed esperienze cliniche confermano questo orientamento, da Gregory a Shine, a Conture e altri ancora fino a Rustin, Puster, Starkweather e Gottwald. Trovano vasta diffusione programmi di intervento precoce per bambini in età prescolare, con balbuzie conclamata o anche soltanto a rischio.

Con tutto ciò, qui da noi sono in tanti ancora a pensare:

  • la balbuzie col tempo passerà;
  • anche il fratello (il padre, la madre, ecc.) balbettava, poi ha smesso... anche lui si metterà a posto.

Gli adulti significativi intorno al bambino – dai parenti all’insegnante, allo stesso medico – insistono senza alcun fondamento scientifico sul fatto che crescendo certe cose si sistemano: il tempo come cura. Spesso invece il tempo non cura, ma anzi passa e non senza lasciare tracce nel bambino: sfiducia in sé come bambino “mal riuscito” e sfiducia negli altri, percepiti come consiglieri pasticcioni; sfiducia anche nelle proprie capacità nello studio (“che studio a fare se poi non riesco a parlare?”); scetticismo circa le possibilità di cura...
 

Criteri di valutazione

Charles Van Riper (1905 - 1994)
Charles Van Riper (1905 - 1994)

Secondo Charles Van Riper, uno fra i maggiori studiosi e clinici della balbuzie e balbuziente egli stesso, certi aspetti sono tipici del bambino con disfluenza:

  • ripetizioni frequenti di sillabe;
  • posizioni articolatorie fisse (rigide);
  • disordine verbale fondamentalmente ciclico: il parlare passa a periodi da una fase fluente a una disfluente;
  • non consapevolezza delle ripetizioni e dei blocchi;
  • assenza di paura di parlare (situazioni e parole);
  • assenza di ‘lotta anticipatoria’.

L’aspetto ciclico è il più caratteristico. Il disordine in questa fase iniziale attraversa periodi di piena fluenza che si alternano a periodi di tali e tante ripetizioni e interruzioni che la comunicazione risulta difficile. Per Van Riper e altri autori una frequenza di più del 5% di balbuzie (5-8 parole balbettate su 100) già può essere considerata non nella norma. I blocchi che durano più di 1 secondo sono anch’essi considerati non nella norma. Bisogna inoltre valutare se le pause silenti che il bambino fa:

  • sono appropriate;
  • sono molto lunghe;
  • sono sempre all’inizio del discorso.

È segno di pericolo la presenza nel linguaggio del bambino di caratteristiche quali (N.B. La lista procede dalle meno importanti alle più importanti):

  • molte ripetizioni; più ripetizioni che parole fluenti;
  • presenza costante della vocale neutra, cioè: è... è... a... a...
  • prolungamento di suoni, in genere della prima sillaba;
  • tremore sulle labbra;
  • cambiamento improvviso della tonalità della voce e cioè iniziare la frase con un tono e finirla con un altro;
  • sforzo e tensione visibili mentre il bambino parla; smorfie, movimento degli occhi, tensione muscolare;
  • momenti di panico durante l’eloquio, immobilità del corpo, blocco momentaneo, sguardo impaurito;
  • evitamento di situazioni in cui bisogna parlare; rifiuto di rispondere e di parlare;
  • balbuzie: più del 5% delle parole dette sono parole balbettate.

Cosa decidere?

Una volta che si è stabilito – meglio se con l’aiuto di uno specialista – se si tratta di balbuzie o meno, ci sono due strade da seguire:

  1. l’intervento indiretto (preventivo, per bambini dai 2 ai 5 anni): counseling parentale teso ad abilitare i genitori facilitatori di fluenza scongiurando così il pericolo che episodi di semplice balbettamento degenerino in balbuzie conclamata;
  2. l’intervento diretto: terapia vera e propria per le forme conclamate (in genere dai 5/6 anni i poi).

Suggerimenti per i genitori

Stabilite un tempo da dedicare ogni giorno a vostro figlio per raccontargli storie o parlargli liberamente ispirandovi per esempio alle figure di un libro
[R. Jacubovicz, “A gagueira. Teoria e tratamento de adultos e crianças”, Antares Ed., Rio De Janeiro — Tradotto e liberamente adattato da Piero D’Erasmo, Direttore del Centro Punto Parola di Roma, www.balbuzie.biz].
  1. Non aiuteranno il vostro bambino parole, gesti, azioni che denotano preoccupazione per il suo modo di parlare.
  2. Evitate di etichettare il bambino come balbuziente né dovete permettere che altri lo facciano.
  3. Stabilite un buon contatto oculare col bambino, che dovrà percepire il vostro interesse e il vostro piacere di ascoltarlo.
  4. Parlare all’inizio o durante il discorso di vostro figlio può inibire la sua comunicazione. Parlate alla fine.
  5. Offrite un buon modello di linguaggio. Parlate più che potete con il vostro bambino con tranquillità e con una buona articolazione, senza esagerarla.
  6. Non forzare il bambino a parlare davanti ad altre persone, cosa che gli creerebbe stress comunicativo, né pretendere che si esprima oltre le possibilità del suo vocabolario.
  7. Fare domande che esigono risposte molto lunghe rischia di suscitare nel bambino un assurdo senso di incapacità e di inadeguatezza.
  8. Ogni stimolazione eccessiva stressa il bambino e non contribuisce a costruire intorno a lui un ambiente tranquillo.
  9. Attraverso gesti e parole mostrate a vostro figlio di apprezzare le sue qualità. Elogiatelo per un disegno, una buona azione, un determinato comportamento, ecc.
  10. Se notate che il bambino è preoccupato per il suo modo di parlare, ditegli che quando i bambini stanno ancora imparando a parlare è normale che ripetano alcune parole.
  11. Evitate di chiedere al vostro bambino di parlare quando è sotto l’effetto di un’intensa emozione. Il pianto produce già di per sé intermittenza tra parola e respiro. Quando si chiede qualcosa al bambino che piange, per quanto egli cerchi di organizzare i suoni, non ci riuscirà. Balbetterà di sicuro.
  12. Evitate di insegnare al bambino dei trucchi per non balbettare. Anche perché non è detto che questi funzionino. E ciò lo farà sentire sicuramente “in difetto” e forse anche “in colpa”.
  13. Evitate di completare le frasi del bambino; abbiate pazienza e ascoltate con tranquillità ciò che deve dire anche se ci mette tempo.
  14. Evitate il panico ogniqualvolta vostro figlio si blocca. E il panico lo si può trasmettere anche attraverso il linguaggio del corpo: gesti nervosi con le mani, movimenti particolari con gli occhi, sul viso, ecc.
  15. Stabilite un tempo da dedicare ogni giorno a vostro figlio per raccontargli storie o parlargli liberamente ispirandovi per esempio alle figure di un libro.
  16. Quando il vostro bambino deve andare in qualche posto, avvisatelo prima e ditegli cosa succederà e quali persone incontrerà. Evitate che rimanga in ansia senza sapere dove andrà e con chi giocherà.
  17. Se è un giorno propizio in cui vostro figlio sta balbettando poco o per niente, fate in modo che abbia anche maggiori opportunità di parlare. Per esempio: spegnere la TV per fare un gioco con le marionette, raccontare storielle, visitare un amico, fare piccole commissioni, ecc. Esplorate in tutti i modi la sua fluenza.
  18. Se è una giornata nera in cui il bambino sta balbettando molto, sistemate ogni cosa in modo che egli abbia poche occasioni di parlare. Per esempio: è raccomandabile vedere la TV, andare al cinema, ascoltare storie e canzoncine dallo stereo, ritagliare o incollare figurine, disegnare, ricostruire i puzzle... Contenete in tutti i modi la sua disfluenza.
  19. Fate solo domande necessarie e che richiedano risposte brevi.
  20. Inventate giochi sulle note di un canto fatto in coro o giochi in cui il bambino vi imita e ripete quello che voi dite, lentamente e articolando.
  21. Il miglior modo per non far notare che state facendo attenzione alla sua balbuzie è mostrarsi molto più interessati a quello che il bambino dice, piuttosto che a come lo dice.

Qualche altro suggerimento pratico

Ad integrazione del “ricettario” appena riportato, seguono le note tratte dal “Manuale per la valutazione e il trattamento intensivo della balbuzie” di Lena Rustin (Edizioni Omega - Torino) destinato ai terapeuti. Sembrano semplici regolette che tutti conosciamo, ma se valutiamo bene i nostri comportamenti, ci accorgeremo come almeno ad alcune di queste regole non sempre ci atteniamo.
 

Cosa devo e non devo fare quando mio figlio balbetta

  • devo:
    • ascoltare quello che dice e non come lo dice;
    • dargli tempo ed ascoltare finché non abbia finito;
    • comportarmi come se non balbettasse;
    • seguire i suggerimenti e le indicazioni ricevute e magari da lui stesso praticate, per esempio parlargli più lentamente;
    • mantenere un atteggiamento calmo, in modo che il bambino non si senta pressato nel parlare, finendo così con l’aumentare la velocità di parola;
    • badare bene a non prestare maggiore attenzione ai momenti di balbuzie a scapito di quelli di normale fluenza;
    • ridurre la velocità di parola.
  • non devo:
    • riprenderlo per la balbuzie;
    • “abbandonarlo” quando balbetta;
    • dirgli di smettere di balbettare;
    • punirlo perché balbetta;
    • mostrarmi preoccupato per la sua balbuzie;
    • arrabbiarmi o essere impaziente quando fa fatica a parlare;
    • dire per lui la parola che non gli riesce di dire;
    • fargli troppe domande e soprattutto non fargliele tutte insieme.

Ascoltare

Cosa fare quando sto ascoltando mio figlio.
  • se siamo occupati, diciamogli che vorremmo senz’altro sapere quello che lui ci vuole dire, ma lo preghiamo di aspettare fino a quando potremo ascoltarlo per bene e con la massima attenzione. Naturalmente va previsto poi, senza farlo aspettare troppo, un momento di calma in cui potergli dedicare tutta l’attenzione di cui ha bisogno;
  • guardarlo;
  • parlargli sempre faccia a faccia e, se possibile, ponendomi alla sua stessa altezza;
  • dimostrargli che lo stiamo ascoltando con interesse anche per potergli rispondere al meglio;
  • non pretendiamo da noi stessi di ascoltare avendo la mente occupata.

Complimentarsi

Come posso aiutare mio figlio ad essere più sicuro di sé
  • lodarlo almeno una volta al giorno per qualcosa che ha fatto bene, per esempio anche solo per un disegno fatto per noi, o per aver apparecchiato la tavola;
  • essere sinceri, appropriati e coerenti nelle nostre lodi;
  • quando lo si ringrazia per un compito svolto, aggiungiamo magari un complimento: l’hai fatto veramente bene!;
  • incoraggiamolo a contraccambiare i complimenti, così impareremo a reagirvi sempre meglio in modo positivo.

Rispettare il turno

Come posso migliorare questo aspetto nella mia famiglia
  • cerchiamo di trovare un momento specifico per esercitarci nel rispettare i turni di parola, per esempio a cena;
  • chiariamo a tutti che quando una persona sta parlando, gli altri devono aspettare in silenzio finché lui abbia finito; solo allora toccherà ad un altro;
  • se qualcuno interrompe gli si dice: “aspetta, quando lui avrà finito toccherà a te e nessuno ti interromperà;
  • se una persona sta parlando da troppo tempo andrà fermata, spiegandone il motivo, e dando la parola ad un’altra;
  • quando un membro della famiglia diventa noioso o ripetitivo, sarà bene ricordargli la regola dell’essere conciso e interessante;
  • non interrompiamo il bambino che balbetta: non lo faremmo se parlasse normalmente.

La disciplina

Pur senza arrivare a questi livelli, la disciplina è importante (la balbuzie prospera nell’anarchia...)
Cosa posso fare quando mio figlio si comporta male
  • cerchiamo di far coincidere la punizione con il momento della ‘marachella’ o del capriccio;
  • non minacciamo punizioni che già sappiamo di non mantenere come, per esempio: “se lo fai ti mando via per sempre!”;
  • siamo coerenti: se abbiamo stabilito una punizione facciamo in modo che avvenga, senza dimenticanze o ‘sconti’;
  • avvertiamo con un ammonimento il bambino, cerchiamo di essere sicuri che lui abbia effettivamente capito l’errore e diamogli anche il tempo per correggersi;
  • cerchiamo di ridurre il numero di volte in cui diciamo o rispondiamo “no!”; è meglio conservarlo per le occasioni più significative;
  • quando è possibile farlo, cerchiamo di distogliere il bambino dall’attività scorretta, inducendolo a fare qualche cosa di positivo.– Per esempio: piuttosto che dirgli spesso “non fare– così”, coinvolgiamolo con una proposta (“perché non mi aiuti a fare questo?”).

Conclusioni

Se ci atterremo a quanto gli esperti consigliano e se ascolteremo quanto il cuore di una mamma o di un papà suggerisce, potremo star tranquilli di aver fatto in pieno il nostro dovere per favorire la scomparsa del disturbo o, almeno, per far sì che il bambino non abbia troppo a soffrirne sino a quando sarà in grado lui stesso di affrontare il problema attraverso opportune terapie.

Molti di questi atteggiamenti – lo noteranno i genitori stessi – sono naturalmente indicati anche per i bambini più grandi, che già balbettano da qualche tempo.