Quando il rinnovo della patente non è scontato... (Valeria)
«...Le cose incredibili sono successe nella vita di ogni giorno. Per esempio, in occasione del rinnovo della patente (anno 1992) occorreva presentarsi dal medico di base per rispondere a una serie di domande relative al numero di polmoni, di fegati e di reni che possedevi, alla quantità di sostanze stupefacenti che giornalmente costituivano il tuo nutrimento, all’esistenza di patologie ereditarie, pregresse o in corso. Alla fine, un piccolo spazio sul foglio conteneva alcune domande relative al quadro psichiatrico. La dottoressa (?) cambiò voce e le mie ormai potentissime antenne (l’esistenza e il buon funzionamento delle quali non erano stati, stranamente, appurati) captarono che stava per arrivare la botta. E infatti arrivò. ‘Turbe psichiche della personalità’, questa la diagnosi, che in un linguaggio molto meno politicamente corretto ha il significato di ‘malattia mentale’. Mi disse che forse mi avrebbero dato la patente E (quella speciale), ma che non avrei dovuto preoccuparmi, per il resto. Come, non avrei dovuto preoccuparmi??????? Conosco perfettamente il senso che questo marchio imprime su un individuo. Oltre tutto - e questo è ancora più incredibile - non stavo sottoponendomi a una visita per ottenere ex novo la patente, bensì per rinnovarla, come previsto dalla legge, trascorso un periodo di 10 anni.
Ricordo soltanto che mi misi a piangere, e tutte le mie conquiste dell’ultimo periodo (positivo esito del corso di studi, un lavoro congeniale) di colpo mi parvero inutili. Trascorsi giorni abbastanza convulsi alla ricerca di psichiatri che mi dessero una mano a uscire da una situazione tanto assurda. Ne trovai uno, che mi ricevette e alla fine mi indicò un paio di nomi di medici suoi conoscenti che prestavano servizio nella mia stessa USL.
Ricusai la dottoressa (?) e andai da uno di loro che senza problemi mi consegnò il foglio compilato con tante rassicuranti crocette nella colonnina dei ‘no’. Passata la tempesta, il mio istinto denunciatorio era alle stelle. Alcuni amici (medici anch’essi) mi consigliarono però di non andare a impelagarmi in insidiose diatribe con l’ordine dei medici, perché l’ordine in questione è potentissimo e assolutamente dedito alla difesa incondizionata dei propri componenti. Così feci. Era sicuramente la decisione più comoda.
Sono trascorsi 7 anni. Naturalmente, dispongo tuttora della mia sgualcita patente B, così ‘normale’ ma così ‘strenuamente difesa’. E ho capito ancora di più che i concetti di ‘norma’ e ‘normale’ sono assolutamente soggettivi. Avete ragione quando parlate di sottili ma profonde umiliazioni...
A corollario di queste considerazioni, però, fa capolino un’altra riflessione: la diffusa ignoranza circa la reale portata del nostro problema (preciso che non intendo affatto giustificare la grave incompetenza nonché scarsa professionalità della mia ex dottoressa di base) è uno specchio del nostro più diffuso comportamento: la tendenza a nasconderci e a far sì che questo disturbo resti il più possibile in ombra. Con la conseguenza più generale che costringiamo la nostra vita - spesso in giovane età ma purtroppo altrettanto spesso durante l’intero corso della nostra esistenza - a scelte di ripiego, a posizioni che frustrano le nostre naturali inclinazioni, i nostri desideri e - soprattutto - le nostre potenzialità. Sulla scorta di questi pensieri ho smesso di vergognarmi di balbettare e mi sto sforzando di non dedicare più troppo tempo alla domanda ‘perché balbetto?’ Il risparmio di tempo e energia che ne deriva è attualmente impiegato da un lato a migliorare la fluenza del mio parlare, dall’altro al tentare di uscire definitivamente da un guscio ormai logoro, inutile e decisamente fuori misura. Da diverso tempo una nuova domanda, alla quale in verità non so se troverò mai risposta soddisfacente, si è materializzata nella mia mente: perché mai ho trascorso tanti anni vergognandomi di balbettare?».